Sistemi di prevenzione

Prevenzione significa costruire politiche di reale accoglienza e di cittadinanza verso e i giovani.

Prevenzione significa contrastare le vecchie e nuove forme di povertà, sollecitare la creazione di legami sociali significativi ed un forte senso dì responsabilità verso se stessi e verso gli altri.

Nella nostra società, nella nostra vita quotidiana, c’è bisogno di più comunità, più comunicazione, più sentimento, più cultura, più formazione.

Prevenzione significa mettere ciascuna persona in grado di costituirsi un progetto di vita, di poter contare e decidere. Significa aiutare i giovani a inventarsi il loro futuro mediante l’ausilio delle persone che hanno intorno (genitori, insegnanti, amici veri ecc.).

Per questo è così importante promuovere la cultura dei diritti dei bambini e degli adolescenti.

Prevenzione significa nominare alcune priorità:

  • La famiglia.
  • La scuola.
  • L’inserimento lavorativo.
  • I media.
  • Il tempo libero.

La Famiglia

La tossicodipendenza coinvolge direttamente le famiglie. Non a caso si è venuta affermando in molti servizi una cultura ed una pratica che concentrano molta attenzione sull’ interazione familiare nel trattamento del tossicodipendente, e più in generale, puntano sulla partecipazione e sul coinvolgimento del familiari durante il trattamento terapeutico.

Le famiglie si trovano spesso impreparate sia nella conoscenza dei danni provocati dalle varie sostanze, sia nella conoscenza dei servizi e delle leggi cui fare riferimento.

Nelle famiglie si registrano due atteggiamenti opposti: o di delega totale all’esterno della problematica della tossicodipendenza, in attesa di una “soluzione magica; oppure di totale chiusura e sfiducia nell’attività dei servizi, e più in generale, nella possibilità di risolvere il problema.

I servizi, pubblici e privati, devono dotarsi degli strumenti e delle risorse per realizzare una reale presa in carico dei familiari dei tossicodipendenti, per offrire loro informazioni, orientamento, speranza e sostegno a prescindere dal percorso terapeutico del familiare tossicodipendente.

Ciò che è prezioso in modo particolare, è il dialogo tra adulti, bambini, adolescenti e giovani. E’ la capacità degli adulti di costruire con i propri figli relazioni intense, equilibrate, rispettose. E’ la capacità degli adulti di dedicare tempo al proprio figlio.
Ma nella vita vorticosa di oggi, questo non è facile. Si può venire incontro a queste esigenze promuovendo un’organizzazione della vita quotidiana che favorisca l’incontro tra famiglie e servizi, famiglie e scuola, tra il tempo di lavoro ed i tempi della vita familiare.

Così come è importante che tra le famiglie stesse si crei una rete di mutuo aiuto e di cooperazione.

La Scuola

Le famiglie ed i giovani più esposti alle droghe sono quelli più disagiati e dotati di scarsi strumenti culturali.

La scuola gioca dunque un ruolo fondamentale nella prevenzione della tossicodipendenza.

E’ necessaria una scuola profondamente rinnovata nei suoi contenuti culturali, capace di offrire una vasta gamma di opportunità formative ed educative; una scuola che dialoghi con le famiglie e ponga i giovani nella condizione di compiere esperienze lavorative.

Negli ultimi anni le istituzioni formative sono state investite da una serie di compiti che si aggiungono a quelli tradizionali dell’istruzione, e che sempre più invocano una riscoperta delle sue funzioni educative. Una delle caratteristiche più importanti della prevenzione nelle scuole è la focalizzazione, non tanto sugli aspetti negativi e di pericolo, quanto sulla positività e la fecondità del comportamento costruttivo. Soprattutto nell’età più giovane (scuola dell’obbligo) ciò che conta è rafforzare l’identità, individuare le vie della gratificazione, stimolare la consapevolezza del proprio valore, proporre modelli convincenti e, per contro, stimolare il giudizio critico su comportamenti distruttivi.
L’educazione alla salute nella scuola può svolgere una funzione di prevenzione primaria, cioè di generica dissuasione dai comportamenti nocivi ed autodistruttivi che possono minare la vita delle persone.

Per questo è estremamente importante che nella scuola, a fianco delle figure docenti tradizionali, che rimangono comunque il perno dell’impostazione del messaggio formativo (e quindi anche della prevenzione), si affianchino al più presto figure con compiti diversificati, che possano operare in un rapporto più diretto con i singoli, che siano in grado di identificare sul nascere in un comportamento il sintomo di un disagio e che abbiano gli strumenti culturali, personali – e non ultimo – di esperienza, per instaurare un dialogo costruttivo con il mondo del bambino e dell’adolescente (famiglia, amici, associazioni).

Le esperienze di impiego di insegnanti in funzione di supporto psicopedagogico sono state ampiamente positive, ma a causa delle restrizioni continue di bilancio sono ormai praticamente concluse.

Al di là della prevenzione, altro tema che interessa direttamente la scuola è il recupero della dispersione, che è sempre sintomo o di un disagio, o comunque di un non agio, personale o sociale.

Quello che occorre sottolineare è che mentre la dispersione per motivi sociali (povertà, difficoltà di trasporti, aree di sottosviluppo culturale) può essere combattuta efficacemente solo se vi si investano risorse sufficienti (e spesso è sufficiente il tempo di pochi colloqui), la dispersione causata dalla tossicodipendenza (e dalla microcriminalità che vi si congiunge) è molto più difficile da sconfiggere e richiede uno sforzo specialistico che coniughi l’esperienza docente, quella psicologica e quella educativa.

Ciò che si può chiedere alla scuola è di collaborare nella segnalazione dei casi e nell’accoglienza nella fase del reinserimento.
L’intervento vero e proprio sul ragazzo va invece costruito in strutture specializzate, che si pongano come strutture di servizio nei confronti della scuola, siano con essa in continuo rapporto e costruiscano con essa il percorso di reinserimento. Un ragazzo che ha avuto esperienze di furti, scippi, vendita di sostanze; una ragazza che ha avuto esperienze di prostituzione e di vita randagia, non riescono a trovare nel normale ambiente scolastico ragione alcuna di reinserimento sociale. Il rapporto con i compagni è ormai diseguale; il rapporto con i docenti è spesso solo una continua prova di forza; i vincoli di orario sono incomprensibili e frustranti; la bocciatura è vissuta come prova del rifiuto sociale.

Occorre allora che la scuola o gli enti locali inventino per questi ragazzi soluzioni efficaci e realistiche che prendano atto della complessità del loro problema, e lo affrontino con gli approcci complessi che esso richiede. Pretendere che un insegnante, che ha il compito di seguire una classe, possa occuparsi a tempo pieno di un singolo è semplicemente assurdo. Chiedere allo stesso insegnante di segnalare il caso e di accogliere il ragazzo immotivato è cosa invece possibile e doverosa.

Occorre pertanto compiere un gesto di coraggio, uscire dall’ambiguità e impegnare in favore dei più giovani, quelli che possono veramente recuperare le risorse e le competenze necessarie per rimotivarsi, far scoprire loro la misura della dignità personale e la voglia di vivere.

Inserimento Lavorativo

Il reinserimento lavorativo dei soggetti con percorsi di tossicodipendenza è senz’ombra di dubbio parte di un processo di superamento della dipendenza. E’ un tema che richiede flessibilità di approcci, sperimentazioni senza pretesa di verità assolute e di metodi perfetti.

Il diritto all’anonimato dei soggetti, il rifiuto di politiche ghettizzanti, o di corsie privilegiate, come una sorta di collocamento obbligatorio per tossicodipendenti o ex tossicodipendenti, richiedono nuove politiche di inserimento lavorativo, fondate sulla promozione delle attività e che sappiano favorire lo sviluppo delle capacità dei soggetti nell’utilizzare gli strumenti del mercato del lavoro.

E’ necessario, pertanto, definire piattaforme territoriali che includano all’interno della più generale questione lavoro, la “questione del lavoro per gli ex-tossicodipendenti” senza privilegi, ma altresì senza esclusioni, prevedendo in alcuni casi l’apertura di strutture che si occupino dell’inserimento, o riqualificando strutture già esistenti.

I mass media

Stampa e televisione ci hanno abituato, su tutti i temi a sfondo sociale, a campagne emergenziali e spettacolari. Suicidi nelle caserme, violenza sessuale, immigrazione, pedofilia, sassi dal cavalcavia… Temi sociali che compaiono con titoli allarmanti sui giornali legati a qualche evento della cronaca. Ma che durano per una breve stagione. Poi, d’improvviso, i titoloni scompaiono come se fossero scomparsi anche i problemi. E’ stato così anche per la droga. Alla fine degli anni ottanta ci fu a lungo, nei mass media, “l’emergenza droga”, ma negli ultimi anni la droga è sparita dalle cronache, le morti per overdose sono diventate “normali”, confinate nella piccola cronaca dell’emarginazione sociale, mentre alle nuove droghe da discoteca si è al più dedicato qualche servizio di colore.

Ogni tanto, comunque, la droga torna a fare spettacolo. E certo hanno fatto spettacolo le drammatiche vicende che hanno attraversato alcune importanti comunità.

Ma niente di più, senza capacità di approfondire contraddizioni e di suggerire un miglioramento dei servizi. Il tossicodipendente che emerge dalle cronache raramente esce dagli stereotipi del criminale o del malato. Non si parla di lui come persona, come individuo ricco di potenzialità, degno di rispetto. Non si fa mai appello alle sue risorse, non si spiegano le ragioni del suoi comportamenti devianti o criminali.

I mass media hanno grandi responsabilità e grandi opportunità: essi infatti rappresentano la fonte principale di informazione sulle droghe e sulle conseguenze del loro abuso. Ma dobbiamo constatare che spesso i primi disinformati, o male informati, sono proprio i giornalisti.

Se esiste dunque, innanzitutto, un possibile problema di “formazione” degli operatori dei mass media, ci pare utile accogliere la proposta avanzata dal “Gruppo Nuova Speranza o.n.l.u.s.”: istituire cioè un osservatorio formato da un gruppo di esperti (rappresentanti del Servizio Pubblico e del Privato Sociale, epidemiologi, tossicologi, sociologi, psicologi) a cui affidare il compito di produrre periodicamente materiale informativo aggiornato sul problema delle droghe.

Materiale informativo che potrebbe essere inserito nelle banche dati delle redazioni, nelle strutture degli Informagiovani dei Comuni e utilizzato come fonte di aggiornamento per quanti si vogliono misurare con i problemi connessi all’uso e all’abuso delle droghe.

L’uso del Tempo Libero

Il tempo di lavoro nella società odierna va riducendosi, è più precario ed intermittente, pur restando essenziale per dare senso e dignità alla vita. Il tempo di lavoro non è più sovrano.

Si è dilatato invece il tempo libero che, troppo spesso, è diventato tempo vuoto.

Bisogna riuscire a riempirlo di senso e di contenuti: tempo per sé, tempo per gli altri, tempo della convivialità e del dono, tempo dell’ozio, tempo dello studio e della creatività.
Ad esempio:

Dare a tutti l’opportunità di incontrare e imparare la musica e praticare lo sport.
Far sorgere nelle città grandi centri polifunzionali per i giovani. Tanti Beaubourg dove ragazzi e ragazze possano trovare spazi per fare musica, poesia, pittura. Dove possano trovare una sala cinematografica, una palestra, una sala di lettura, una sala giochi e dove sia possibile imparare a navigare su Internet; rendere più sicure le discoteche, studiando con i gestori delle stesse unitamente agli Enti Locali strategie ed interventi per allontanare la droga e ridurre i rischi del sabato sera. Si tratta anche di realizzare un utilizzo nuovo delle discoteche, diversificando i tempi e le attività che vi si svolgono. E di promuovere campagne per la sicurezza stradale.
Reinventare il tempo libero e riempire il tempo di lavoro è la grande sfida che ci sta di fronte.
I giovani sono in bilico tra una adolescenza negata ed una giovinezza prolungata, ma non si possono interpretare i segnali che provengono dal mondo giovanile solo in termini di negatività. Né si possono proporre unicamente soluzioni volte a ridurre il rischio sociale determinato dai comportamenti devianti. E’ necessario predisporre misure sociali che diano valore alle forme di espressione e di rappresentanza del mondo giovanile.

Sono necessarie al contempo grandi riforme e piccole scelte. Le grandi riforme hanno avuto inizio, come l’elevamento dell’obbligo scolastico ed i progetti di rinnovamento della scuola.

Ma c’è altro che possiamo fare. Impegnandoci a creare in ogni angolo d’Italia opportunità diverse per vivere con intelligenza e coinvolgimento il tempo libero. Bisogna mettersi insieme: Governo, Enti locali, Associazioni giovanili, Volontariato, Imprese. Per dare vita ad esperienze e progetti pilota capaci di dare una risposta ai bisogni di socializzazione dei giovani e di fare emergere le loro potenzialità espressive.
Ad esempio:

Sviluppare strutture di informazione e consulenza per i giovani.
Favorire il diffondersi di esperienze di volontariato.
Promuovere strutture di rappresentanza giovanile che siano occasioni di sperimentazione di una cittadinanza solidale e che consentano ai giovani di interloquire direttamente con le istituzioni.

Lotta al traffico

Una politica basata sulla distinzione netta fra vittime e sfruttatori, fra trafficanti e consumatori, è l’unica politica in grado di mettere seriamente in difficoltà le organizzazioni del traffico.

Attaccare le organizzazioni criminali che controllano il traffico a livello internazionale richiede interventi, coordinati anch’essi a livello internazionale, di sostegno ai paesi produttori disponibili alla conversione delle colture e di lotta al riciclaggio del denaro sporco. Molto si è detto e scritto a questo proposito individuando nei paradisi fiscali e nella mancanza di regole condivise per il funzionamento del sistema finanziario internazionale la causa decisiva del perpetrarsi del traffico droga. Chiaro e semplice in teoria questo tipo di discorso non ha determinato finora fatti significativi.

Una rete integrata di servizi

Il trattamento della tossicodipendenza è un processo complesso e difficile. Le risposte alle domande di aiuto e recupero devono essere diversificate e complementari.

Per alcune persone, in quel determinato momento della loro vita e del rapporto con la sostanza, può essere indicato un percorso in comunità. Per altri può essere più appropriato un sostegno in termini di riduzione del danno o di trattamento sostitutivo.

O, ancora, per i giovani che consumano ecstasy, c’è bisogno di progetti di prevenzione mirati e particolari.

Insomma: per uscire dalla droga non ci sono solo pochi percorsi obbligati, tra loro in alternativa. Devono essere sperimentate più strade e devono essere messe in rete differenti opportunità. Per questo ci pare utile raccogliere l’indicazione contenuta nei materiali elaborati dal nostro gruppo di lavoro riguardo la messa a punto di una rete integrata di servizi, con lo scopo di ampliare le opportunità per chi si trova in una situazione di disagio o di non agio.

La ricchezza di una rete di servizi, di un sistema integrato – che riconosca pari dignità e pari responsabilità al pubblico ed al privato – consiste nel riuscire a connettere e a far agire in modo complementare e sinergico soggetti diversi che, pur mettendosi in relazione con altri, non rinnegano le matrici prime che costituiscono la loro impronta originale.

Realizzare una rete integrata di servizi vuol dire:

  • Rendere omogenea la presenza del servizio sul territorio nazionale.
  • Coordinare e rendere più visibili le opportunità che già attualmente esistono.
  • Promuovere una informazione attendibile, seria, mirata e capillare, utilizzando tutte le strutture già esistenti come i Centri d’ Informazione e Consulenza (CIC) per gli studenti delle scuole medie superiori; i Nuclei Operativi (NOT) delle Prefetture, i servizi telefonici, le Unità di Strada. Riteniamo vadano studiate e potenziate campagne informative mirate agli ambienti giovanili sul rischio di abuso. E, per questo, crediamo che i primi destinatari di un’informazione, preventiva capillare ed insistita, dovrebbero essere gli operatori dell’informazione, i disc-jockey, gli allenatori sportivi, i dietologi, i medici di base.
  • Investire molto nell’aggiornamento e nell’arricchimento professionale degli operatori dei servizi pubblici e privati.
  • Potenziare e riformare i servizi pubblici. In molte realtà, infatti, si è già avviata una riflessione sulla funzione dei Ser.T. (Servizi Pubblici Tossicodipendenze).
  • Si dovrebbe inoltre consentire di superare alcuni problemi rimasti irrisolti nei Ser.T. (Servizi Pubblici Tossicodipendenze), come la messa a disposizione di una offerta terapeutica globale (medica, psicologica, sociale, riabilitativa); l’attivazione di politiche di prevenzione e l’attuazione di interventi sulle tematiche emergenti, come le nuove droghe.

Per migliorare i servizi pubblici è necessario realizzare una sinergia tra interventi sociali e interventi sanitari.

Sviluppare e dare pieno riconoscimento giuridico a tutte le strutture di accoglienza non assimilabili a quelle residenziali o semiresidenziali, come centri di prima accoglienza a “bassa soglia”, unità di strada mobili o fisse, centri di aggregazione e di ascolto, luoghi per il coinvolgimento delle famiglie, progetti di reinserimento sociale e lavorativo.

Riconvocare la Conferenza Stato-Regioni per rivedere i parametri troppo vincolanti nel rapporto con le comunità terapeutiche e riabilitative, e ridefinire le procedure necessarie per il convenzionamento di attività non residenziali (accoglienza, psicoterapie, lavoro diurno e notturno, reinserimento).

Rendere sistematico e continuo il lavoro di quelle unità di strada che sono state sperimentate con tanto successo in questi anni: regolamentando in modo flessibile, ma comunque più chiaro, il rapporto che esse debbono avere con la rete del servizi perché ci sia una vera integrazione della loro attività.

Promuovere, con l’aiuto delle Regioni, forme incisive di coordinamento sul territorio delle attività dei servizi che fanno capo a diverse Amministrazioni (servizi sanitari e sociali, Prefetture e Provveditorati agli Studi).

Riconoscere ai Comuni il ruolo che a loro compete nel promuovere servizi e progetti integrati di prevenzione e cura delle tossicodipendenze.

Le strategie di riduzione del danno

All’interno della rete integrata di servizi e nell’ottica di una strategia globale di recupero delle tossicodipendenze, acquistano particolare rilievo le strategie di riduzione del danno.

L’azione definita “riduzione del danno” nasce dalla constatazione della presenza di uno o più danni collegati alle tossicodipendenze e dell’ impossibilità, anche solo momentanea, di una loro eliminazione. E’ pretestuoso istituire un collegamento tra la riduzione del danno e la legalizzazione delle droghe leggere.

Il primo obiettivo della riduzione del danno è quello di ridurre la mortalità e le patologie correlate all’abuso di droghe, attraverso un sostegno terapeutico, sia preventivo che curativo, finalizzato a limitare gli effetti negativi del consumo di droghe sull’organismo del tossicodipendente, sul suo equilibrio psichico e sul suo adattamento sociale.

E’ nella difesa della salute e della vita dei consumatori la prima valenza etica della riduzione del danno.

La riduzione del danno si basa su una concezione dell’uomo come soggetto, che può in ogni momento aprirsi ad un nuovo progetto di vita per cambiare la sua condizione esistenziale. Non crediamo sia una forzatura affermare che alla base delle strategie di riduzione del danno vi è un’istanza etica: quella dell’accoglienza di tutti i tossicodipendenti, specialmente i più emarginati, a partire dal riconoscimento della loro dignità di persone e del diritto/dovere di realizzazione della loro personalità.

Un altro aspetto importante delle strategie di riduzione del danno è che esse fanno leva sulle capacità della persona di prendersi cura di sé e di padroneggiare la propria vita. Esse tendono a dare fiducia al soggetto, con ciò stimolando le sue capacità di autoregolazione.

Risorsa fondamentale delle strategie di riduzione del danno è la capacità di relazione dell’operatore, la sua capacità, cioè, di offrire al tossicodipendente un luogo relazionale in cui egli possa riscoprire la propria persona, sperimentare e condividere la solidarietà gratuita e l’interesse genuino da parte di altre persone nei suoi confronti.

Con gli interventi di riduzione del danno può crescere il numero di tossicodipendenti che scelgono di avviarsi lungo la strada del superamento della loro attuale condizione. Essi rappresentano il segno che la società non li ha abbandonati al margini del ghetto.

Questo è per noi un punto decisivo! Poiché sulla riduzione del danno qualcuno, forse non capendo, ha sollevato molte polemiche, è allora bene essere massimamente chiari !

L’esperienza dimostra che ci può essere continuità ed integrazione tra le strategie di uscita dalla droga e quelle di riduzione del danno. Il “prendersi cura” è, tante volte, presupposto concreto per aprire successivi spiragli di “cura”.

Per questo è importante che le strategie di riduzione del danno siano riconosciute dalle leggi, inserite nei progetti di recupero delle tossicodipendenze, fatte interagire con le altre istanze e gli altri servizi sia pubblici che del privato sociale.

AIDS E PREVENZIONE

L’Amministrazione di una provincia italiana ha finanziato un progetto di prevenzione sul tema AIDS e ne ha affidato la realizzazione ad un organizzazione che da anni svolge attività di prevenzione in molte scuole d’Italia.

L’attenzione che quest’ Amministrazione provinciale ha dimostrato per questo problema è giustificata dal fatto che molti giovani (il 35 % del campione contattato) dichiarano di saperne poco su questo argomento, mentre oggi il rischio di contagio HIV riguarda soprattutto loro. Sono i giovani infatti che rischiano di più: oltre la metà dei contagi HIV infatti, sono avvenuti quando i soggetti avevano meno di 20 anni. Oggi non esistono praticamente più le categorie che in passato venivano considerate “a rischio”.
I tossicodipendenti oggi non praticano quasi per niente lo scambio di siringhe, lo fanno in meno di un caso su cento! Oggi il virus si trasmette soprattutto con i rapporti sessuali fra persone che non hanno mai attuato in passato comportamenti particolari. Anche se l’obiettivo principale del progetto è di prevenire i comportamenti a rischio di contagio HIV/AIDS e delle altre malattie sessualmente trasmissibili, nella realizzazione è stata dedicata un’attenzione rilevante anche alla prevenzione su tutte le droghe.
Il progetto di prevenzione è rivolto agli studenti, ai loro amici, ai gruppi dei pari, ai genitori e al corpo insegnante di scuole ed istituti di istruzione superiore.

Obiettivi del progetto di prevenzione

  • Promuovere la salute, ridurre il rischio di contagio HIV e delle altre malattie sessualmente trasmissibili fra i giovani.
  • Attuare un’azione di prevenzione AIDS, che raggiunga prima gli studenti e gli insegnanti direttamente coinvolti, e poi si estenda, coinvolgendo a cascata anche gruppi sociali esterni alla scuola: amici degli studenti, gruppi dei pari e genitori.
  • Sensibilizzare i giovani sui rischi connessi all’abuso di alcool e all’uso di droghe.
  • Coinvolgere gli studenti in un ruolo attivo, da protagonisti, promuovendo il recupero della dimensione individuale e della creatività. Una elaborazione personalizzata faciliterà l’orientamento verso scelte più sane di vita.
  • Formare “Peer Educators” per motivarli ad assumere un ruolo attivo in questa e in altre azioni socialmente utili. Al termine della formazione saranno riconosciuti come esperti e diventeranno un punto di riferimento per i loro amici coetanei.
  • Favorire e facilitare il passaggio trasversale e il confronto fra pari sull’argomento AIDS, in un contesto protetto, con la metodologia della “Peer Education”.
  • Ridurre i pregiudizi e l’emarginazione sociale verso i sieropositivi HIV e i malati di AIDS.
  • Promuovere un dialogo e un confronto fra genitori e figli, su un tema sociale di interesse comune.
  • Valorizzare e potenziare i C.I.C (consultori interni alle scuole) e le strutture già esistenti all’interno delle scuole e potenziare il coinvolgimento fra CIC e studenti.
  • Attivare un dialogo fra genitori e figli su un argomento attuale: l’AIDS e come evitarla.
  • Promuovere negli studenti la creatività individuale.
  • Creare un modello di prevenzione metodologicamente affidabile, che sia trasferibile e valutabile in altri contesti scolastici.
  • Valutazione dell’efficacia del progetto.

Azioni previste per le penultime classi (secondo liceo classico, quarto liceo scientifico):

  • Formazione di “Peer Educators”
  • Creazione di volantini di prevenzione. Questo volantino conterrà le frasi migliori di prevenzione e le illustrazioni inventate dagli studenti stessi.

Azioni previste per tutte le classi:

  • Incontri di informazione e prevenzione.
  • Diffusione di materiali prodotti dal Ministero dalla salute.
  • Diffusione del volantino ad amici, coetanei e genitori.

Azioni previste per genitori e insegnanti:

  • Incontri di informazione su HIV / AIDS e droghe.

SIEROPOSITIVI IN VIAGGIO

Chiedi al tuo medico

Innanzitutto, occorre informarsi sempre sulla situazione epidemiologica, climatica ed ambientale del luogo di destinazione e consultare con ampio anticipo l ‘infettivologo che vi segue routinariamente in modo da:

  • Verificare l’esistenza di condizioni fisiologiche (ad es. gravidanza) o patologiche (malattie intercorrenti) che sconsigliano il viaggio.
  • Farsi consigliare, in relazione alla situazione epidemiologica del luogo di destinazione, l’eventuale profilassi farmacologica o vaccinale.
  • Controllare, qualora ci si debba recare in paesi in cui sono endemiche o epidemiche malattie da tempo eliminate in Italia, il proprio stato vaccinale e verificare se le vaccinazioni effettuate non necessitino di dosi di richiamo, ovvero di un nuovo ciclo vaccinale.
  • Valutare se nel paese di destinazione esistano condizioni che consiglino vaccinazioni particolari (antitifica, antiepatite A e B, antimeningococcica, antipolio, antidifterica, etc.).
  • Farsi prescrivere la quantità necessaria di farmaci in modo da non dover essere costretti a interrompere la terapia.
  • Farsi consigliare farmaci, modalità di assunzione e modalità di comportamento per le più frequenti patologie dei viaggiatori (malessere da viaggio, diarrea del viaggiatore, colpo di calore, etc.).
  • Eseguire la profilassi antimalarica e la vaccinazione antifebbre gialla quando necessarie.
  • Fornirsi di un Kit di pronto soccorso da viaggio.
  • Fornirsi di mezzi di protezione contro le punture di insetti (abiti coprenti e mai di colori sgargianti, repellenti cutanei, insetticidi).
  • Se il paese di destinazione ha un clima caldo fornirsi di abiti chiari leggeri e di fibre naturali, di cappelli a tesa larga, di occhiali da sole e di creme protettive.

Da non dimenticare mai

  • Se il viaggio comporta cambiamento di fuso orario evitare per i primi giorni stress fisici.
  • Adattarsi gradualmente ai nuovi cibi, mangiare la frutta solo dopo averla lavata e sbucciata.
  • Bere esclusivamente bevande imbottigliate e sigillate senza aggiunta di ghiaccio.
  • Non consumare gelati sfusi e non bere latte non bollito o pastorizzato in zone caldo-umide.
  • Evitare la brusca esposizione ai raggi del sole.
  • Evitare la disidratazione assumendo abbondanti liquidi ricchi di sali minerali (succhi di frutta e verdure).
  • Quando insorga diarrea contrastare la disidratazione bevendo abbondantemente acqua con sali e zucchero, se la diarrea è consistente consultare un medico appena possibile.
  • Evitare bruschi cambiamenti di quota.
  • Utilizzare tutti i mezzi protettivi contro le punture di insetti, e, se possibile, evitare di soggiornare all’aperto dopo il tramonto e prima dell’alba.
  • Evitare di bagnarsi in acque dolci.
  • Non camminare scalzi.
  • Lavarsi le mani prima dei pasti, evitare contatti con animali domestici.
  • Evitare rapporti sessuali non protetti.
  • Disinfettare accuratamente ogni ferita.

Cosa mettere in valigia

La scelta degli indumenti dipende dal clima del posto che si va a visitare. Occorre ricordare che sia il troppo freddo che il troppo caldo possono essere causa di malattie. In particolare occorre non dimenticare di proteggersi da raggi solari, con creme a filtri appositi. Le regole universali per l ‘uso dei filtri solari sono le seguenti:

  • Ripetere le applicazioni regolarmente ogni due ore.
  • Riapplicare dopo i bagni o le sudorazioni profuse.
  • Applicare trenta minuti prima dell’esposizione.
  • Scegliere il fattore di protezione più adatto.

Aereo, treno, nave e automobile

Il mal di viaggio (cinetosi) è molto raro nei viaggi in aereo. Di contro, se non si ha l’ abitudine ai viaggi in mare ed è previsto un viaggio in battello, soprattutto in battelli piccoli, conviene portarsi un farmaco contro il mal di mare. In auto evitare di fare viaggi troppo lunghi e di guidare sotto l’ effetto di farmaci che potrebbero ridurre la soglia di attenzione (Sustiva). Gli antistaminici utilizzati per le cinetosi sono controindicati in associazione ad alcuni inibitori delle Proteasi .

Mare o montagna

Non vi sono mete sconsigliate, ma precauzioni da osservare: attenti al troppo sole (sia al mare, sia in montagna) ed alle brusche variazioni di quota.

È un fatto evidente che la durata e la qualità della vita delle persone sieropositive è aumentata grazie all’introduzione nella pratica clinica della HAART. Ne consegue che un numero sempre maggiore effettua viaggi internazionali per motivi di lavoro o per turismo.
Bisogna tenere in considerazione che le persone sieropositive devono essere considerate “viaggiatori a rischio”. Da qui deriva la necessità di elaborare linee guida vaccinali specifiche per il viaggiatore internazionale sieropositivo. Per questo motivo, il Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Luigi Sacco (Milano) ha elaborato una linea guida vaccinale da consigliare alle persone sieropositive, insieme a raccomandazioni comportamentali da adottare prima della partenza, durante il soggiorno e al rientro.
Alla persona sieropositiva possono essere somministrate le vaccinazioni con vaccini uccisi o ricombinanti, polisaccaridici o con anatossine, come le vaccinazioni contro tetano, difterite, poliomielite, rabbia, meningite meningococcica, epatite A, epatite B ed encefalite giapponese.
È chiaro che il livello di efficacia è proporzionale al valore dei linfociti CD4 della persona: con CD4 > 500/IJl la risposta al vaccino è paragonabile a quella della persona sieronegativa.
È da considerare attentamente il fatto che le vaccinazioni possono causare un aumento transitorio della carica virale ed un abbassamento dei CD4, quindi i candidati alle vaccinazioni dovrebbero essere persone con un buon livello di immunità.

Quali Vaccini

Ser.T. (Servizi Pubblici Tossicodipendenze)La vaccinazione anti-febbre gialla è obbligatoria in alcuni paesi ed in altri è raccomandata al fine della protezione individuale.

  • Appartengono al primo gruppo:
    Benin, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Congo Brazzaville, Costa D’ Avorio, Gabon, Ghana, Liberia, Mali, Niger, Repubblica Centroafricana, Repubblica Democratica del Congo (precedentemente Congo Zaire), Ruanda, Sao Tomè e Principe, Togo.
  • Appartengono invece al secondo gruppo, oltre ai paesi già citati:
    in Africa: Angola, Burundi, Etiopia, Gambia, Guinea, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Kenia, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Tanzania, Uganda, Zambia.
    in America: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana,Guyana Francese, Panama, Perù, Suriname, Venezuela.

La vaccinazione contro la salmonella è altamente indicata, a causa delle gravi conseguenze dell’ infezione da Salmonella Typhi in una persona sieropositiva. Il vaccino orale (ad esempio Vivotif@, Neotif@) è un vaccino vivo ed è quindi controindicato nella persona sieropositiva. È invece indicato il vaccino polisaccaridico che si somministra intramuscolo.

In generale si raccomanda, se non esistono gli anticorpi acquisiti tramite l ‘infezione clinica, di avere già effettuato un ciclo vaccinale completo per epatite A ed epatite B, e di verificare la propria copertura vaccinale per il tetano: se sono già trascorsi 3 anni dall’ultima somministrazione è necessario eseguire il ciclo vaccinale completo, altrimenti è sufficiente effettuare un richiamo.

QUANTO TEMPO PRIMA

È consigliato effettuare le vaccinazioni del caso 6 mesi prima della partenza, per garantire una copertura anticorpale ottimale. Se si parte all’ultimo momento è evidente che non è possibile effettuare nulla di tutto ciò. Bisogna però ricordare che questo tipo di partenze è molto rischioso e va attentamente valutato basandosi sul proprio stato immunitario e sul livello di carica virale.
Nel caso di comparsa di allergia al vaccino, si presume che questa comparirà in Italia, quindi è necessario rivolgersi prontamente al proprio medico ambulatoriale per eseguire gli accertamenti e le cure del caso.

Come ridurre il rischio di malattie infettive

I viaggi, soprattutto in zone tropicali, comportano teoricamente un aumento dell’esposizione a patogeni opportunistici, in particolar modo per i sieropositivi gravemente immunocompromessi (CD4 < 200/IJl).
È quindi assolutamente fondamentale pianificare un incontro con l’infettivologo o con un esperto di medicina dei viaggi per discutere sui rischi sanitari connessi al viaggio, sui farmaci da portare con sé e sui comportamenti da tenere.
In particolare, i viaggiatori internazionali sieropositivi dovrebbero essere informati dal medico sui rischi area-specifici cui possono andare incontro: la leishmaniosi viscerale, le infezioni micotiche, le infezioni tubercolari e le infezioni a trasmissione sessuale (MST o, nei Paesi anglofoni, STD).
Bisogna assolutamente tenere a mente che è sempre presente il rischio di contrarre MST o di acquisire ceppi diversi di HIV o di trasmettere l ‘infezione da HIV.
I rapporti sessuali non protetti sono ad alto rischio di contrarre/trasmettere MST e HIV.